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Le Zone Franche Doganali, opportunità professionali per i commercialisti

Le Zone Franche Doganali, opportunità professionali per i commercialisti

L’ODCEC di Taranto in collaborazione con la 2 SEA Investments e con il patrocinio dell’Autorità Sistema Portuale del Mar Jonio, ha organizzato un webinar gratuito dal titolo “Le Zone Franche
Doganali, opportunità professionali per i commercialisti” che si terrà il giorno 09/04/2021 dalle 15.00 alle 17.30.

Il webinar consentirà di acquisire n. 3 crediti formativi validi per la FPC obbligatoria.

Nelle prossime comunicazioni sarà indicata la piattaforma telematica e le modalità di iscrizione.

In allegato il programma dell’evento

La space economy, il cielo sopra la Zes

La space economy, il cielo sopra la Zes

Le brevi analisi condotte nei precedenti articoli, così come i suggerimenti espressi sulla valorizzazione della Zes Ionica, muovono tutti dalla certezza – ultimamente più salda –  delle potenzialità locali in termini di risorse naturali ed umane.  Una rinnovata consapevolezza sulla quale nuovi investimenti si fanno strada.

Non ultimo,  lo spazioporto di Grottaglie pensato come trampolino ideale per gli spostamenti oltre atmosfera. E in relazione alla Zes,  anche questa idea non può certo esaurirsi nell’ambito delle imprese legate alle attività spaziali. Riuscire a sviluppare un indotto fondato sull’economia dello spazio, infatti, può solo accrescerne il valore generale facendone anche un motore occupazionale. L’aeroporto di Grottaglie, anche da questo punto di vista, e al di là della sua potenzialità di scalo turistico, può rappresentare il volano anche per la crescita di imprese di servizi non strettamente legate alle attività spaziali.

Se da un lato, infatti, l’economia dello spazio ruota intorno a tutto quello che ha a che fare con l’esplorazione dell’universo, dall’altro non bisogna dimenticare i risvolti pratici che lo sviluppo di determinate attività potrebbe portare sul nostro territorio.

Le informazioni satellitari, ad esempio, potrebbero essere utilizzate per fornire dati circa il traffico presente nei porti e per la gestione della logistica in entrate e uscita, con notevole vantaggio per le imprese nautiche. Il tutto a beneficio di una crescita esponenziale del porto di Taranto quale snodo fondamentale nelle tratte commerciali. Inoltre, sviluppare una filiera nel settore della space economy vuol dire incentivare la nascita di imprese di servizi che elaborano immagini satellitari utili ai settori agroalimentari e ittico (caratteristiche del raccolto, produttività del terreno, stato delle acque per prevenire i rischi derivanti da alghe, meduse e ecc., funzionamento delle ecofiliere…).

Ad  alimentare l’importanza della filiera dovrebbe contribuire la nascita di una rete di cooperazione che coinvolga l’Arsenale di Taranto (innovazione tecnologica) l’Università (formazione, e qui Ingegneria aerospaziale assume già  un ruolo strategico) e le imprese specializzate già presenti sulla terra ionica. In sostanza, un distretto scientifico del’’aerospazio può sicuramente rappresentare un elemento fondamentale per le nostre Zes. Quel tratto distintivo che potrebbe alimentare il suo appeal agli occhi degli  investitori. Francesca Barbi
La Zes ionica strumento per la creazione di ecofiliere

La Zes ionica strumento per la creazione di ecofiliere

In questi mesi il tema del rilancio delle Zes ha attirato molta attenzione, il nostro stesso Studio con i precedenti articoli ha cercato di fornire spunti di riflessioni e suggerimenti in materia. Come già sottolineato più volte il nostro territorio oggi sembra essere pronto a cogliere le opportunità di crescita offerte della Zes, occasioni che possono sicuramente passare attraverso la creazione di ecofiliere. Ne è un esempio lo sviluppo della produzione della canapa voluta fortemente da Rachele Invernizzi della Southemp di Crispiano e dalla sollecitazione di Ivana Pantaleo titolare della Nana ‘e ‘el by Nanaaleo che utilizza la canapa per la realizzazione dei suoi capi di abbigliamento.

Rachele Invernizzi ha rilanciato la produzione della canapa in tutta Italia e conferma la necessità di ampliare la conoscenza dello sviluppo industriale della stessa. Secondo quanto ci ha detto tra i vari usi della canapa abbiamo la produzione di semi per uso mangimistico, la produzione di olio e farina per i settori alimentare, farmaceutico e cosmetico, la produzione di lettiera pregiata per animali, di carta, di bioplastiche, di substrati per il vivaismo e le colture di funghi dalle porzioni legnose e fibrose dello stelo. Secondo Ivana Panatleo, inoltre, la fibra, cioè la parte più pregiata della canapa, può essere impiegata per il settore tessile, come è stata antica tradizione del nostro Paese, insieme al lino.

Questi esempi pratici, testimoniano che, in qualche misura, rilanciare la Zes Ionica vuol dire anche contribuire a migliorare l’ecofiliera della canapa, realizzando un’economia circolare che parta dal riutilizzo dei sottoprodotti della coltura arrivando al riciclaggio di tutti i prodotti giunti a fine ciclo. Gli esempi sono innumerevoli: i residui pagliosi possono essere impiegati e valorizzati per ottenere materiali compositi, isolanti e geotessili, o in miscela con il cemento per alleggerire il peso di conglomerati cementizi e per la realizzazione di materiali di rivestimento.
La fibra più pregiata può essere impiegata per il settore tessile; mentre le fibre corte o di scarto possono essere sfruttate per la produzione di carta di buona qualità, di pannelli isolanti o di materiali compositi in miscela con polimeri. Il canapulo e le polveri possono essere usate nei settori bioedile, zootecnico ed energetico. I materiali prodotti, giunti a fine ciclo, possono essere riciclati per ottenerne altri di qualità inferiore come, ad esempio, carta o cartone oppure possono essere destinati al recupero energetico attraverso la combustione.

Pertanto, uno degli impegni richiesti nello sviluppo concreto della Zes Ionica è sicuramente rappresento dalla volontà di raccogliere le centinaia di piccole aziende del settore della canapa frammentate su tutto il territorio nazionale incentivando la creazione dell’ecofiliera nella ZES Ionica sfruttando la vocazione geografica del nostro territorio, favorendo la creazione di centri di prima lavorazione e centri di commercializzazione della canapa che servano i produttori a valle realizzando evidenti economie di scala a km zero. Un sistema di sviluppo così pianificato, la crescita occupazionale che ne conseguirebbe e un’economia basata sulla filiera degli scarti è un’opportunità che non può sfuggirci di mano a causa delle lacune legislative e amministrative già evidenziate nei precedenti articoli che comprometterebbero il potenziale benessere della collettività.

Qualcosa comincia a muoversi anche sul nostro territorio. Il Comune di Crispiano non si è limitato alla presentazione alla Regione Puglia di un progetto per dedicare un’area Zes proprio alla filiera della canapa, ma il sindaco Lopomo ha confermato anche l’avvenuta candidatura al CIS di altri progetti tra cui quello di riconvertire la Cava Amastuola dell’ex Ilva per la creazione del primo bioparco italiano, il più grande a livello europeo.

Fabio Rizzo

Zona Franca Doganale del Porto di Taranto: Approvato il regolamento

Zona Franca Doganale del Porto di Taranto: Approvato il regolamento

Il percorso di valorizzazione del porto di Taranto e di creazione di un ambiente di business in grado di attrarre e facilitare le scelte localizzative degli investitori nazionali e internazionali segna in questi giorni un passaggio importante: con l’emanazione della Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio (AdSPMI), in data odierna, viene infatti approvato ed emanato il Regolamento per il funzionamento della Zona Franca Doganale del Porto di Taranto, istituita dalla Legge 27 dicembre 2019, n.160, la cui perimetrazione è stata definita su proposta del Presidente dell’AdSP con proprio Decreto del 13 Marzo 2020 e approvata con Determinazione Direttoriale n. 128586/RU del 28 aprile 2020 della Direzione Generale dell’Agenzia Dogane Monopoli (ADM).

Il Regolamento, frutto di una intensa collaborazione tra AdSPMI e ADM, definisce i ruoli di governance della Zona Franca Doganale (ZFD) del porto di Taranto e disciplina le attività a carico degli operatori economici.

Le aree interessate dalla perimetrazione della Zona Franca riguardano 11 lotti, pari ad una superfice totale di 162,89 ettari ricompresi nella circoscrizione demaniale marittima del Porto di Taranto e di competenza dell’AdSPMI che è identificato come Soggetto Gestore della ZFD. L’attività di delimitazione delle aree consisterà nella costruzione di apposita recinzione e nell’individuazione di varchi d’ingresso e di uscita sottoposti a vigilanza doganale, secondo criteri e modalità definiti d’intesa con l’ADM, anche in connessione con il più ampio processo di digitalizzazione del porto.

Nella ZFD – in cui potranno essere introdotte sia merci unionali che non unionali – sarà, quindi, possibile svolgere attività di natura industriale e logistica nei margini di quanto consentito dalla normativa comunitaria. Agevolare il regime di stoccaggio a lungo termine, manipolazioni usuali ed altre attività legate alle merci in ambito portuale - e quindi in prossimità dei punti di arrivo/partenza da e verso le aree economiche di produzione e/o di consumo - consente alle commodities di acquisire quel valore aggiunto tale da renderle maggiormente appetibili e competitive sul mercato.

“Con l’entrata in vigore del Regolamento per il funzionamento della Zona Franca Doganale – spiega il Presidente dell’AdSP del Mar Ionio, Sergio Prete - si avvia la fase operativa di uno strumento di grande valore strategico per gli operatori che intendano insediarsi nel porto di Taranto o utilizzare le aree portuali e retroportuali per implementare attività produttive, commerciali o di servizi potendo godere di benefici esclusivi, di natura doganale, commerciale, finanziaria e logistico-operativa. La ZFD del porto di Taranto, fortemente voluta dalla Presidenza del Consiglio, dalla Regione Puglia e dal Comune di Taranto, si configura come ulteriore elemento di
attrattività per lo scalo jonico ed il suo retroporto e certamente contribuirà alla crescita del nuovo terminal contenitori e delle altre imprese portuali”.

“Con l’avvio operativo della Zona Franca Doganale del Porto di Taranto – spiega Marcello Minenna, Direttore Generale dell’Agenzia Dogane e Monopoli – si aprono grandi prospettive di crescita per le imprese che, attraverso la possibilità di stoccare, manipolare e trasformare le merci in sospensione dei diritti doganali, potranno sviluppare le proprie attività economiche, produttive e logistiche sfruttando al massimo le potenzialità della ZFD. Tale traguardo è frutto della proficua sinergia istituzionale tra ADM e AdSPMI che vede le due Amministrazioni collaborare anche nell’ambito di altre
iniziative, come delineate nel Protocollo di Intesa sottoscritto nell’ottobre 2020.”


ALLEGATO IL REGOLAMENTO



CUSTOMS FREE ZONE OF THE PORT OF TARANTO: THE REGULATIONS GOVERNING ITS FUNCTIONS AND OPERATIONS IS NOW IN FORCE

PORT OF TARANTO, 16 FEBRUARY 2021 – These days, the process underlying the enhancement of the port of Taranto and the creation of a business environment capable of attracting and facilitating the localization of national and international investors marks another important step: with the issue of the Presidential Ordinance of the Port Network Authority of the Ionian Sea (PNAIS), the Regulations for the functioning of the Customs Free Zone of the Port of Taranto is now in force.The Customs Free Zone (CFZ) was established by law n. 160 of 27th December 2019 and its perimeter was defined by Presidential Decree of 13th March 2020 of the PNAIS, then approved by Directorial
Determination no. 128586/RU of 28th April 2020 of The Customs and Monopolies Agency.

The Regulations – that is the result of a close cooperation between the PNAIS and the Customs Agency - defines the governance of the Customs Free Zone (CFZ) of the port of Taranto and regulates the activities borne by the economic operators. The perimeter of the CFZ concerns 11 lots, equal to a total area of 162.89 hectares included in the maritime state-owned district of the Port of Taranto, under the jurisdiction of the PNAIS as Managing Authority of the Zone. The delimitation of the areas will consist in the construction of a special fence and in the identification of entry and exit gates subject to customs supervision, according to criteria and methods
defined in agreement with the Customs Agency, also in connection with the wider digitalization process launched in the port. Therefore, within the areas covered by the CFZ - in which both EU and non-EU goods can be introduced - it will be possible to carry out industrial and logistics activities, in accordance with the relevant EU legislation. The facilitation of long-term storage regime, usual handling and other activities related to goods in the port domain - and therefore close to the arrival / departure gates, to and from the economic production and / or consumption areas – will allow the commodities to acquire the added value that make them more attractive
and competitive on the market.

"With the entry into force of the Regulations for the functioning of the Customs Free Zone - explains the President of the PNAIS, Sergio Prete - the operational stage of a tool of great strategic value is now available for those operators wishing to settle their business in the port of Taranto or to use port and back-port areas to implement productive, commercial or service activities, being able to enjoy commercial, financial and logistical-operational exclusive benefits. The CFZ of the port of Taranto, strongly supported by the Presidency of the Council of Ministers, the Puglia Region and the Municipality of Taranto, represents a further attraction for the port and the back-port domain and will certainly contribute to the growth of both the new container terminal and other port companies”.

“With the operational start-up of the Customs Free Zone - explains Marcello Minenna, Director General of the Customs Agency – great growth perspectives are now opened for those companies which, through the possibility of storing, manipulating and transforming goods free of customs duties, will be able to develop further economic, production and logistics activities by exploiting the benefits of the CFD. This goal is the result of the fruitful institutional synergy between the Customs Agency and the PNAIS which sees the two administrations also collaborate in other initiatives, as outlined in the Memorandum of Understanding signed in October 2020”.

 

Scarti agroalimentari, così l’economia circola meglio

Scarti agroalimentari, così l’economia circola meglio

Le opportunità offerte dagli scarti derivati da coltivazioni e lavorazioni agricole sono notevoli ed versatili: da carciofi, cipolle, fichi, olive, vinacce e peperoni, per esempio, si possono ottenere tinture per dare colorazioni anti allergiche e perfettamente ecosostenibili ai filati.

Dalla sansa, dal siero di latte, dagli scarti della produzione del vino e del parmigiano reggiano, dalle bucce di arance, delle vinacce e dei fichi d’India, dai reflui zootecnici (liquame, letame, pollina) e dalle acque di vegetazione, è possibile produrre Biometano, un gas che ha le stesse caratteristiche del gas naturale e che può dunque diventare biocarburante da utilizzare nel settore dei trasporti e per la produzione energia elettrica e termica. Inoltre, il biometano può dare vita ad digestato che è utilizzato come fertilizzante organico da distribuire sul terreno.

I microgranuli ottenuti da fermentazione batterica alimentata dal siero di latte, in parte scartato dalla filiera industriale come rifiuto speciale, possono essere utilizzati anche per la produzione di bioplastiche biodegradabili utili anche nella gestione del verde pubblico.

I noccioli delle ciliegie, la pula del grano, nonché una serie di semi non destinati all’alimentazione, possono essere utilizzati per la realizzazione di cuscini che hanno il potere di assorbire calore o freddo e di rilasciarlo lentamente, ottimi come decontratturanti per i muscoli, per abbassare la febbre o per assorbire i traumi. Dallo scarto di uova e latte scaduti si possono ottenere vernici per l’edilizia. Dallo scarto del pane si può ricavare squisita birra che dona alla bevanda tutto il suo sapore e i suoi sentori. Dalle foglie intrecciate delle pannocchie del mais si possono ottenere borse artigianali e altri oggetti. Lo scarto della lavorazione del riso può essere utilizzato per realizzare prodotti per l’edilizia e il restauro, quali telai in legno e paglia di riso, intonaci speciali, malte e massetti. I prodotti ottenuti con miscela di calce, lolla e paglia sono ad elevata efficienza energetica e acustica, garantiscono un comfort abitativo elevato nonché salubrità degli ambienti ed eco-compatibilità.

Alla luce di quanto appena esposto, il rilancio del territorio tarantino, della Zes ionica e la ripresa della nostra economia, passano inevitabilmente attraverso l’incontro tra volontà del settore pubblico di pianificare in maniera strategica gli investimenti da compiere avendo riguardo alla creazione di adeguate infrastrutture che consentano l’insediamento di nuove attività produttive e l’ampliamento di quelle esistenti, e quella degli imprenditori privati di sfruttare appieno le risorse presenti naturalmente sul nostro territorio. Infatti, se buona parte delle ecofiliere illustrate precedentemente prende avvio dagli scarti delle industrie agroalimentari, tuttavia, vi sono esempi di come un’economia circolare può essere realizzata partendo dagli scarti delle industrie tessili. La presenza di industrie tessili e piccoli laboratori, ma soprattutto di artigiani di altissima qualità sono elementi caratterizzanti da poter sfruttare per la realizzazione di un’eco filiera di questo genere. Infatti gli scarti delle industrie tessili insieme agli scarti dei filati colorati, favorirebbero l’insediamento di una filiera produttiva di manufatti finalizzati alla realizzazione di foulard, stole, maglioni e persino tomaie per sandali/pantofole/scarpe, cinture e altri oggetti di design (arredamento o funzionali), cinture e altri articoli di pelletteria, basi di sedie e sgabelli, pannelli di armadi, strutture per lampadari/lampade, supporti e tracolle per strumenti musicali. Insomma le risorse ci sono, occorre sfruttarle nel modo giusto. Fabio Rizzo

Zes, tra lacune normative e Comuni da connettere

Zes, tra lacune normative e Comuni da connettere

L’introduzione delle Zes è inserita nel decreto legge intitolato “Disposizioni urgenti per la crescita del Mezzogiorno”. Il decreto attuativo, composto da pochi scarni articoli , si è però mostrato inadeguato a regolamentare uno strumento di questa portata. L’emanazione di norme correttive non ha prodotto, inoltre, modifiche soddisfacenti. Una legge ad hoc sarebbe stata più opportuna, anche sulla base di quanto avvenuto negli altri Paesi europei. Tra l’altro, le troppe modifiche alla legge e i ripetuti rinvii in poco più di due anni non hanno fatto altro che generare confusione e incertezza sia negli investitori sia negli enti territoriali. L’imprenditore che ha voglia di investire in un’area Zes non ha a disposizione gli strumenti necessari per valutare la convenienza dell’avvio di un’attività. Infatti, non è ben disciplinato il contesto operativo in cui andrà ad insediarsi. Come è possibile, del resto, immaginare investimenti privati se le leggi di riferimento vengono modificate nel giro di pochi mesi o sono lacunose in alcuni passaggi fondamentali? Ad oggi, per esempio, non è ancora chiaro quali siano le semplificazioni burocratiche ed amministrative menzionate dal decreto attuativo. Allo stesso modo, gli enti territoriali chiamati alla redazione dei piani strategici, e alla richiesta di istituzione delle Zes, navigano nell’incertezza frutto di questa instabilità normativa. La legge di riferimento che ha istituito le Zes prevede infatti che siano gli Enti locali a proporre la propria candidature. Requisito fondamentale per l’ammissione nelle Zes è che l’area individuata possa configurarsi come “porto, area retroportuale anche di carattere produttivo ed aeroportuale, piattaforma logistica o interporto” o che sia anche un’area “non territorialmente adiacente purché presenti un nesso economico funzionale con l’Area portuale”.

La mancanza di comunicazione tra i Comuni ionici e la scarsa informazione sulla legge in vigore, anche a causa della mancanza al loro interno di tecnici specializzati, hanno per adesso impedito il decollo di questo strumento di sviluppo economico. Gli enti locali della provincia di Taranto hanno sì inviato singolarmente la candidatura trascurando, però, le potenzialità di crescita derivanti dalla creazione di un sistema territoriale integrato. Il risultato è che non si è pensato concretamente alla realizzazione di collegamenti e infrastrutture idonee a creare un nesso economico funzionale tra le varie aree e tra queste e l’area portuale. Obiettivo perseguito dal Comune di Molfetta, invece, che ha individuato un’area, tra porto e retroporto, di 128 ettari e che sta sostenendo, inoltre, l’ingresso nella Zes del Comune di Bisceglie con l’obiettivo di creare un grande distretto imprenditoriale. Riteniamo, dunque, che il sistema legislativo di riferimento non sia idoneo alla regolamentazione di uno strumento così delicato e che non sia al passo con quanto previsto negli altri Paesi. Tantomeno, le modifiche contenute nella legge di Bilancio 2020, in discussione in Parlamento, incidono in maniera importante sulla Zes e non fanno alcun riferimento ad un ampliamento delle agevolazioni fiscali concedibili alle imprese. E men che meno ad un approfondimento sulle semplificazioni amministrative e burocratiche, prevedendo esclusivamente la proroga al 31 dicembre 2022 del credito d’imposta per gli investimenti e la nomina di commissari di Governo per ciascuna delle Zes, con l’incarico di accelerarne lo sviluppo. Riteniamo necessario, inoltre, che gli Enti locali si dotino di tecnici specializzati e soprattutto che collaborino tra loro per far sì che le Zes non restino dei contenitori vuoti e delle speranze disattese di crescita economica. Il nostro auspicio è che diventino strumenti fondamentali per l’attrazione di investimenti italiani e internazionali nelle aree del mezzogiorno e che possano diventare appetibili, ad esempio, per la Cina e per la nuova via della seta che si va sviluppando.

Simona Grassi

Taranto, se il nuovo respiro viene dal mare…

Taranto, se il nuovo respiro viene dal mare…

A conclusione delle analisi e delle opinioni espresse nei nove articoli precedenti, sulla valorizzazione della Zes Ionica e Adriatica, non possiamo evitare di soffermarci su un tema estremamente importante ed attuale per Taranto: l’economia del mare, ovvero di una risorsa strategica per il rilancio territoriale. Obiettivo per il quale risulta fondamentale investire in prima battuta sulla logistica e sul porto.

La possibilità di beneficiare di una Zona Franca Doganale rappresenta un elemento chiave per essere competitivi a livello internazionale e consolidare il ruolo del porto di Taranto negli scambi commerciali internazionali. Poter offrire agli investitori ed operatori commerciali concrete esenzioni e agevolazioni tariffarie sui traffici mercantili, in entrata ed in uscita, mentre si parla di Nuova Via della Seta, è un vantaggio tutto da sfruttare per Taranto. Dal punto di vista commerciale e da quello infrastrutturale. Potenziare le capacità del nostro territorio di attrarre investimenti, insomma, vuol dire riuscire a beneficiare di risorse da poter investire per il miglioramento qualitativo delle infrastrutture presenti e per la creazione di nuove che aprirebbero a nuovi e più efficienti collegamenti al servizio delle imprese del comparto navale e della generalità delle imprese produttrici locali. Poter contare su un porto di primo livello, che sia centrale negli scambi internazionali e quindi avere la possibilità di accrescere le infrastrutture, vuol dire: incrementare l’export dei prodotti del nostro territorio (agroalimentari, vinicoli, tessili, ecc); risparmiare sui costi di trasporto delle materie prime prodotte in terra ionica e di quelle necessarie per le produzioni delle nostre imprese; insediamento di nuove imprese di distribuzione ed intermediazione merci e così via. E se da un lato il porto – e tutto ciò che ruota intorno alla logistica portuale e ai traffici internazionali – rappresenta una componente rilevante per la prospettiva, dall’altro lato Taranto deve giocare la sua partita di recupero e riqualificazione delle aree che si affacciano sul Golfo . E’ fondamentale, infatti, creare un’integrazione tra il porto e il territorio, valorizzando le risorse disponibili, il turismo costiero, la costruzione e la riparazione navale, il trasporto marittimo, la pesca e l’acquacoltura, il prelievo e la commercializzazione di risorse marine viventi, l’estrazione dai mari di minerali, lo stoccaggio e i progetti idrici.

Insomma, razionalizzare ed utilizzare strategicamente tutto ciò che è già presente sul nostro territorio per realizzare una filiera completa vorrebbe dire includere non solo i principali settori dell’economia come l’industria delle imbarcazioni, la logistica, la nautica, la pesca, il turismo ma inglobare anche altri settori quali quello manifatturiero, agroindustriale, culturale, sportivo, dell’archeologia marina e della rigenerazione delle risorse marine e terrestri.

In questo senso, prendendo spunto da realtà già esistenti, ci viene facile immaginare come il mare tarantino possa fare da collante per la realizzazione di un circolo virtuoso che veda una collaborazione ed integrazione tra aziende operanti in settori differenti, dalla cantieristica navale agli operatori del settore turistico, sportivo e culturale, passando attraverso il settore agroalimentare.

Ovviamente, investire strategicamente nella Blue Economy vuol dire alimentare la crescita di enti di formazione professionale che consentano di formare personale con differenti qualifiche e specializzazioni da inserire in tutti gli ambiti della filiera.

Infine, e sempre nell’ottica della realizzazione di un’economia circolare, non appare così strano pensare alla nascita di imprese impegnate nella raccolta e nella trasformazione dei rifiuti che si trovano in mare… in fili per tappeti e tessili da ricollocare sui mercati.

In sostanza, anche se la partita dell’appetibilità del territorio è in campo da diversi anni, oggi sembra sia arrivato il momento di spingere di più verso la concretizzazione di una ecofiliera legata alla risorsa del mare che porterebbe ad una crescita generale, alla nascita di nuove aziende e al consequenziale incremento dell’occupazione.

Economia degli scarti, perché no! Alcuni esempi buoni per la Zes ionica

Economia degli scarti, perché no! Alcuni esempi buoni per la Zes ionica

L’Economia circolare degli scarti agroalimentari: potenzialità da esprimere sulla terra ionica ed errori da non ripetere. L’utilizzo di materia prima considerata oggi di “scarto” e la scelta di tecnologie innovative per sfruttare tutti i prodotti e sottoprodotti derivati dall’intero processo produttivo, dunque, oggi entrano a pieno diritto nel nostro focus sull’economia della terra ionica (e non solo).

Il precedente articolo sull’ecofiliera della canapa ci offre l’opportunità di dimostrare come altre risorse naturali presenti sul nostro territorio consentirebbero la realizzazione di numerose ecofiliere utili ad alimentare il successo della frastagliata Zes ionica, creando zone di alta specializzazione nella produzione di prodotti derivanti dagli “scarti” agroalimentari. E incentivando così gli investimenti nelle aree individuate. Numerosi studi nel campo della nutraceutica, infatti, si orientano verso la valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria agroalimentare allo scopo di individuare ingredienti attivi, utili al settore scientifico, ad esempio nel campo del functional food, del medical e della cosmetica.

Dal punto di vista pratico, nell’ultimo periodo parte dell’interesse si è concentrato sullo sfruttamento del luppolo. Ebbene, la filiera del luppolo, in una ottica circolare, è straordinaria poiché – oltre alla tradizionale birra – si rivela utile alla produzione di salami, creme spalmabili, biscotti e salatini. Non solo, la maggior parte del luppolo essiccato può essere trasformato in pellet oppure raccolto in coni sottovuoto destinati al mercato artigianale della birra. Il resto della spezia, invece, può finire nelle preparazioni dolci e salate. Con la trinciatura, infine, si può ottenere una farina grossolana che viene passata al setaccio per la separazione delle parti più grandi. La parte fine diventa così farina da utilizzare nelle preparazioni dolciarie mentre la parte più grossolana viene imbustata per la preparazione di tisane utili contro lo stress, il mal di testa e per favorire la digestione.

Accanto al luppolo, come noto, il nostro territorio è ricco di vigneti: in questo caso, una ecofiliera basata sullo scarto dell’uva sarebbe semplice e altamente redditizio. Infatti, dallo scarto dell’uva dopo la pigiatura per la vendemmia (la cosiddetta vinaccia) si possono ottenere cosmetici per la cura del corpo. Le vinacce, soprattutto delle uve rosse, rientrano tra gli elementi in natura che contengono più polifenoli in assoluto e hanno una grande concentrazione di resveratrolo: dall’uva autoctona a km zero può fiorire un’industria basata sui cosmetici naturali: creme mani e unghie, fluidi corpo, creme viso e sieri anti-age, tutte a base di estratto di vinacce e olio di vinaccioli, arricchibili con olio di mandorle e vitamina e acque ottenute dallo scarto di distillazione di piante aromatiche. Stesso discorso vale per i noccioli dell’oliva dai quali possono nascere bracciali e altri biogioielli combinati con pigne, rametti secchi del bosco, cera d’api, cortecce, frutta, foglie o addirittura con il rame scartato dalle lavorazioni artigianali del luogo; e per il fico d’india. In particolare dalle pale di fico d’india si possono ottenere complementi d’arredo interamente rivestiti dalla fibra essiccata. Dalle spine, dai semi e dalla buccia, invece, si ottengono ottimi prodotti dermatologici e oli dal forte potere antiossidante.

In sostanza, la Zes Ionica dovrebbe essere valorizzata anche attraverso la selezione di aziende che sfruttino la vocazione territoriale, zona ricca di materie prime utilizzate nel settore agroalimentare i cui scarti possano essere impiegati, a loro volta, come materia prima delle ecofiliere il cui utilizzo a costo zero permetterebbe la realizzazione di un nuovo circolo virtuoso, alimentando nuove attività industriali, artigianali e commerciali

Fabio Rizzo

Zes ionica: come renderla appetibile e competitiva in Europa

Zes ionica: come renderla appetibile e competitiva in Europa

Di certo è apprezzabile il fatto che l’Italia sia stata tra i primi Paesi occidentali ad adottare una legge per la costituzione delle Zes, Ma il programma non può esaurirsi con generiche semplificazioni amministrative ed erogazioni di crediti di imposta. Il problema dell’espansione delle Zes è serio e va affrontato in maniera costruttiva se si ha voglia di renderle uno strumento davvero efficace per il rilancio della nostra economia. Proprio per questo, se da un lato è importante lavorare su una selezione mirata delle aziende e delle attività da impiantare nelle Zes, dall’altro diventa fondamentale una strutturazione fiscale che sia capace di attrarre l’attenzione degli investitori. Come si può pensare, del resto, che un semplice credito di imposta possa competere con le agevolazioni commerciali, doganali e con i sistemi fiscali premiali presenti in altre zone europee? Quale valore aggiunto dovrebbero offrire le nostre Zes agli imprenditori? A queste domande dovrebbe rispondere una seria pianificazione. Per poter rendere attraente in nostro territorio, occorre prevedere reali incentivi che spingano gli imprenditori ad impiantarsi stabilmente nelle Zes, evitando di commettere gli errori del passato che talvolta hanno favorito l’azione di imprenditori spregiudicati intenzionati esclusivamente ad accaparrare risorse, lasciandosi dietro una scia di lavoratori inoccupati e capannoni abbandonati.

Da questo punto di vista, l’esperienza di altri Stati europei può essere di aiuto nella focalizzazione degli ingredienti principali sui quali puntare. Ad esempio, un imprenditore che decide di insediarsi nella zona franca di Timisoara, in Romania, può beneficiare di agevolazioni doganali che prevedono l’esenzione dal pagamento dei dazi doganali per una serie di tipologie di prodotti; di agevolazioni fiscali che consentono l’esenzione dal pagamento delle imposte per i mezzi di trasporto, per le merci e per altri beni provenienti dall’estero o destinati ad altri Paesi che vengono introdotti o presi dalle zone franche; infine, di agevolazioni commerciali legate alla possibilità che i terreni e le costruzioni situati nelle zone franche possano essere dati in concessione agli investitori fino ad un massimo di 50 anni. tutto ciò, restando sul caso rumeno, accompagnato da un sistema fiscale che prevede una tassazione all’1% dei ricavi per le aziende con fatturato fino a 1.000.000 Euro. Quanto elencato, rende evidente come al momento investire altrove, in Europa, sia conveniente rispetto alle nostre Zes. E che per rendere davvero attraente il nostro territorio, competere a livello internazionale e assumere un ruolo centrale negli scambi commerciali mondiali, è necessario programmare e lavorare sul terreno dell’appetibilità, rendendo le Zes concretamente attraenti agli occhi di un serio imprenditore.

Francesca Barbi

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